Fusion or con-fusion Fusione comuni Valsamoggia: rivoluzione epocale, ma non per la partecipazione


Le Amministrazioni dei 5 comuni della Valsamoggia hanno dato avvio, con la presentazione ai consiglieri nel giugno 2011 di uno “Studio di fattibilità”, ad una serie di incontri con consiglieri comunali, forze politiche e sindacali, realtà produttive e associative, cittadini, addetti della pubblica amministrazione, con l’obiettivo di valutare l’opportunità di giungere ad una “Fusione” dei 5 comuni in uno solo.
Questo, pare, nel rispetto di quanto previsto dai programmi elettorali delle forze politiche che governano i nostri territori.

            Le forze politiche di opposizione da noi rappresentate, cioè le liste civiche presenti in 4 dei cinque comuni, che aderiscono al Coordinamento Liste di Cittadini MO-BO, hanno a suo tempo (settembre 2010) accolto quasi all’unanimità nei Consigli comunali la proposta di affidare il compito di un’ indagine e conseguente stesura di uno “Studio di fattibilità” alla SPISA (Scuola Specializzazione Studi Amministrazione Pubblica dell’Università di Bologna).

            In linea di principio non siamo contrari, come abbiamo già espresso in diverse occasioni,
ad un processo di fusione: tutto ciò che può portare ad un assetto della macchina amministrativa che la renda più efficace ed efficiente, anche con l’omogeneizzazione dei servizi rivolti ai cittadini, dei tributi, degli iter burocratici, degli strumenti urbanistici, ecc., non può che essere ben visto.

            A conferma della nostra posizione favorevole a percorsi che mirino a diminuire gli sprechi e a migliorare i servizi ai cittadini possiamo ricordare che è stato da noi proposto lo scorso luglio ai Consigli comunali un Odg per l’abolizione delle province, ente le cui funzioni riteniamo possano essere assorbite da Comuni e Regioni.

            Un’attenta lettura dello Studio di fattibilità e la partecipazione agli incontri finora in agenda, ci permettono di dare una prima sommaria valutazione al lavoro presentato.
Pur rilevando che l’indagine svolta ci pare approfondita nella ricerca dei dati e sufficientemente chiara, non possiamo non evidenziare che dallo studio non è possibile farsi un’idea inequivocabile se il processo di fusione sia convenientemente realizzabile e quali siano i benefici per la collettività.
In sostanza, infatti, il corposo documento, proprio perché è un documento tecnico e non politico, “dice tutto e il contrario di tutto”, è in sostanza una fotografia dei nostri 5 comuni.
Prende inoltre come termine di paragone per l’ipotetico comune fuso la realtà del comune di S.Giovanni, comune che ha obiettivamente caratteristiche molto diverse (è prevalentemente di pianura, mentre il nostro caso è per 2/3 montano), anche perchè, come si legge nell’introduzione dello studio, non vi sono esperienze precedenti simili dalle quali attingere notizie in merito a benefici o criticità.
Diverse perplessità sono da rilevare in merito agli obiettivi che la fusione pare porsi. Almeno due quelle più rilevanti. In evidenza viene portato il cosiddetto “taglio ai costi della politica”:
in sintesi un solo consiglio al posto di cinque, un solo sindaco al posto di cinque.
In pratica una contrazione della rappresentanza dei cittadini che passa da un consigliere ogni 300 abitanti a quasi 1500.
Questo significherebbe che il rapporto eletto/elettore sarà più distante? Pare di no, perché sono previste forme di “presidio” nelle varie comunità, anzi probabilmente aumenteranno (Calcara e Ca’ Bortolani), con rappresentanti dei cittadini che faranno da collegamento con la sede principale (istituzione di municipi). E allora, ci chiediamo, dov’è il risparmio? Queste figure saranno elette o nominate? Percepiranno un compenso o saranno “volontari”?








Ci pare proprio che la presumibile cifra risparmiata (valutata in 240 mila euro l’anno) non possa da sola giustificare la fusione.
Altra perplessità sorta riguarda i contributi che arriveranno da Stato e Regione.
Pare non sia certa l’entità, mentre è chiaro che la destinazione di questi denari sulla carta abbia come obiettivo facilitare il processo di fusione, ma in realtà non vi sono vincoli per l’uso che se ne farà. Potrebbero, cioè, essere utilizzati anche per investimenti già in corso ereditati dai precedenti bilanci (teniamo presente che almeno due comuni presentano alcune criticità)

            Se l’esigenza di trovare un nuovo percorso è dovuto a problemi amministrativi, ci pare che ancora molto ci sia da lavorare per far funzionare a pieno ritmo l’ente “Unione”, senza attivare un nuovo strumento, e, se davvero crediamo porti a dei risparmi, dobbiamo concentrarci sulla razionalizzazione dei servizi già attivati in Unione ed implementare quelli ancora non avviati perché siano da esempio di buona amministrazione.
L’ente Unione dovrebbe essere un po’ come il laboratorio dove esercitarsi prima di intraprendere “senza rete” un percorso irreversibile.
Non è sufficiente “tagliare il nastro” ed inaugurare nuovi servizi associati.
Bisogna farli funzionare bene, operando scelte con spirito unitario senza privilegiare politiche territoriali del comune di appartenenza a discapito di una visione unitaria, plurale ed efficace, evitando atteggiamenti che creino di fatto diseconomie e scarsa oculatezza nella gestione, e monitorare costantemente i risultati, non solo quelli economici ma soprattutto rispetto al grado di soddisfazione dei cittadini.

            Se invece il Comune unico rappresenta una soluzione politica, ecco l’occasione per approfondire un tema che è davvero in sofferenza: una grave situazione di sfiducia e di distacco dei cittadini dalla politica.
Dal nostro punto di vista è evidente che la vera emergenza oggi è rappresentata dalla crisi della democrazia, evidenziata dalla distanza tra eletti ed elettori, dalla crescente percentuale di non elettori, dalla non rappresentanza politica di larghe fasce di popolazione.
Ecco, questo è proprio il punto a noi più caro e che finora non abbiamo visto vero protagonista di questo percorso: la democrazia partecipativa e deliberativa.
Non ce la sentiamo di considerare come “occasioni di partecipazione” gli incontri sinora messi in agenda. Un’agenda fitta e sincopata, da cui traspare l’ansia di scadenze oltremodo ravvicinate (la delibera nei Consigli per l’avvio alla procedura di fusione è prevista entro la fine di marzo 2012) che hanno visto una partecipazione “fisica” dei cittadini della Valsamoggia a dir poco imbarazzante (grosso modo 500 persone, nemmeno il 2% della popolazione) senza considerare il numero e la qualità degli interventi che, a parte il caso di Savigno, null’altro sono stati che la “claque” dei Sindaci “promoter”.
Un timido approccio ad una modalità di approfondimento è da considerare la recente attivazione di gruppi di lavoro tematici riservati comunque agli addetti ai lavori e non aperti a chiunque, esperti o meno in materia, voglia farne parte. Altro timido approccio qualche incontro ravvicinato con la cittadinanza delle frazioni, in agenda nei prossimi giorni: valuteremo la risposta.
Riteniamo assolutamente improbabile che il tempo che ci separa dalla delibera di Consiglio di Marzo sia sufficiente ad informare e rendere obiettivamente consapevoli almeno la maggior parte dei cittadini. Il raggiungimento dell'obiettivo non deve essere condizionato da fretta, timori o disperazione, se è vero che si tratta di un grande obiettivo strategico, “una rivoluzione epocale”
come viene definito dai nostri Sindaci come tale va affrontato: per questo secondo noi la nascita del Comune unico non deve coincidere necessariamente con il prossimo mandato.
Altra questione spinosa è il referendum previsto per il 2013. L’unica cosa certa è che si tratta di referendum consultivo e quindi con esito non vincolante. Ancora non è chiaro poi come vengano valutati i risultati, se per comune o sull’intera popolazione: le risposte a queste nostre domande sono state vaghe e contradditorie.         

18 novembre 2011                                                                                                                                                                                                                                                                                                                 Tamara Masi

Capogruppo Monteveglio Bene Comune

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