CITTADINI DI CAMPAGNA? di Antonio Capelli

Vorrei proporre alcune riflessioni su un tema che mi coinvolge personalmente.
Si tratta del rapporto tra la nostra comunità ed il suo territorio.
Non si tratta di criticare le dinamiche urbanistiche che hanno negli ultimi anni completamente ridisegnato il nostro territorio senza una logica razionale con poca attenzione alla crescente domanda di servizi e nessun intervento rispondente ai temi della viabilità e dei trasporti pubblici.
Di questo credo valga la pena discutere ma non vorrei occuparmi di questo.
Le mie riflessioni riguardano la cultura che sta alla base di questa nuova stagione che anche a Monteveglio ha visto la completa ghettizzazione, con anche un po’ di disgusto, della propria tradizione rurale
Appare francamente disarmante vedere l’assoluta mancanza di consapevolezza per le nostre radici contadine da parte della nostra comunità in particolare rispetto alla palese considerazione che il territorio agricolo rappresenta circa i due terzi della superficie totale del Comune.
La mancanza di un reddito soddisfacente da parte degli imprenditori agricoli vede la progressiva chiusura di molte aziende anche nei settori tradizionalmente di eccellenza del nostro territorio quali ad esempio la ciliegia di Vignola, il Parmigiano –Reggiano e la produzione dei vini tipici dei Colli Bolognesi.
Le conseguenze sulla tenuta del nostro territorio appaiono evidentemente preoccupanti.
Aziende agricole attive rappresentano una forma di controllo indispensabile per i lavori di sistemazione dei suoli e di regimazione delle acque superficiali che altrimenti sono destinate a provocare frane e smottamenti in modo sempre più frequente anche in considerazione dell’andamento climatico che si sta registrando negli ultimi anni.
E questo si ripercuote in maniera importante anche sui bilanci pubblici a causa dei lavori di risistemazione delle frane e degli smottamenti successivi ad eventi meteorologici che implicano una spesa di dimensioni spaventose se rapportate alle opere di ordinaria manutenzione annuali che si sono da sempre praticate nelle campagne da parte degli agricoltori .
Non appare nemmeno da questo punto di vista rassicurante il riutilizzo dei fabbricati rurali abbandonati ad uso abitativo residenziale in quanto nella maggior parte dei casi si tratta di una residenzialità del tutto priva di una rapporto con il territorio circostante senza nessuna attenzione per la pulizia dei fossi o della tutela del patrimonio naturale circostante e con una conseguente difficoltà da parte dell’amministrazione a garantire servizi e sicurezza a questi “cittadini” di campagna e con un aggravio evidente nei costi di tali servizi (sul tema della raccolta differenziata ad esempio appare piuttosto difficile vedere una forma di razionale economicità in un territorio che vede la presenza di case sparse così significativa e così appare per i servizi del trasporto scolastico o per la viabilità).
Basti pensare alla pratica della recinzione delle case rurali come esempio di trasformazione del concetto di relazione tra le abitazioni ed i campi coltivati circostanti.
L’altra conseguenza di una completa dimenticanza dei temi agricoli appare legata alla prolificazione della fauna selvatica nei nostri campi.
Imbarazzante appare la dialettica accesa ed ideologica tra fautori della caccia e ambientalisti che immobilizza una seria ed efficace politica del controllo degli animali selvatici e della salvaguardia dei redditi degli agricoltori costretti a procedure vessatorie e molte volte vane, nella richiesta di danni.
Si noti come i soggetti più autorevolmente ascoltati nella discussione sul controllo dei nocivi appaiano coloro che non hanno nessun danno economico diretto dalla presenza della fauna selvatica mentre gli agricoltori vengono solo marginalmente ascoltati.
D’altra parte appare evidente che essendo quasi scomparsi si sia impadronita di questi argomenti la cultura ambientalista radicale con una conseguente discussione eterea dei problemi.
Da questi segnali vorrei partire per un’analisi che abbraccia l’approccio tra la comunità ed il territorio nel suo insieme.
Mi pare realmente inadeguato rispetto alla realtà l’atteggiamento radicale e molte volte egoistico di chi considera le nostre campagne unicamente come luogo di piacevoli passeggiate domenicali oppure l’eden dove rifugiarsi scappando dalla città e trovare un’aria pulita ed una campagna ridente.
La campagna e la natura prevedono innanzitutto un rapporto difficile e di sacrificio in particolare nella collina e nella montagna che non a caso si chiamano aree svantaggiate.
La relazione prevede la consapevolezza che il lavoro per avere reddito dall’attività agricola è più duro, che i prodotti sono di grande qualità ma le produzioni molto più scarse, la sistemazione dei fossi e dei boschi rappresenta un costo rilevante, che la viabilità ed i sevizi sono più costosi e più disagiati.
Abbiamo realmente coscienza di questo?
Siamo veramente consapevoli delle problematiche che una nuova residenzialità pone nei confronti della gestione dell’ambiente rurale?
I costi derivanti dalla pressione abitativa dell’ambiente siamo in grado di sostenerli come collettività delegandola ad altri senza una responsabilità individuale?
Possiamo vivere in un territorio rurale fatto di case sparse e frazioni scollate chiedendo gli stessi servizi delle città?
Possiamo vivere tra colline e boschi senza farsi carico delle problematiche e delle opportunità che tale ambiente ci offre?

Antonio

1 commento:

  1. ieri mattina è successo 1 fatto emblematico: lungo via san savino (la strada che porta da olioveto sino a pragatto) per il forte vento è caduta una grossa quercia, in mezzo alla strada, proprio nei pressi di quella casa colonica che stano ricostruendo con la struttura in acciaio come la tradizione nostra impone... nessuno si era accorto che aveva il colletto (la parte vicino a terra) marcio.... chissà se il vecchio contadino che abitava 30-40 anni fa quella casa l'avrebbe fatta cadere? di sicuro non cadrà il bunker metallico che stanno costruendo (guadagnando 1 piano rispetto all'esistente!) su una piattaforma di cemento armato tipo rifugio di saddam....
    eppur ci potrebbe essere una strada x le nostre case rurali...concedere in uso per 50 anni una casa in cambio della sua ristrutturazione e dell'impiego agricolo del terreno circostante privilegiando esperienze di vita comunitaria ...il comune potrebbe garantire ai proprietari un reddito conveniente ed agli assegnatari prestiti a tasso agevolato...chissà se è fattibile?

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